di Helene Fontana
«Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta. (…) E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre»
(Giovanni 1:1-5, 14).
Ci sono certe esperienze e certi sentimenti che hanno bisogno di parole speciali per essere raccontati. Sono esperienze che non si possono semplicemente «misurare e pesare» per capirle. Non bastano le solite parole, quelle che descrivono i fatti concreti così come li possiamo vedere e documentare.
Per fare un solo esempio possiamo pensare all’amore. Per descrivere l’amore, così com’è davve- ro, non basta raccontare dei fatti e delle circostanze. Le parole più adatte per parlare dell’amore sono quelle poetiche, che riescono a toccare qualcosa nel nostro profondo e ad esprimere al meglio i nostri sentimenti.
La storia di Gesù è la storia dell’amore di Dio per noi. Sarà per questo che il Vangelo di Giovanni inizia il suo racconto con una poesia. Diversamente dai Vangeli di Matteo e di Luca, che con il resoconto degli eventi della natività cercano di raccontare i
fatti della storia, Giovanni si propone di fare qual- cosa di ancora più difficile, e cioè di raccontarci il senso di ciò che è successo con la nascita di Gesù. E per fare questo è necessario ricorrere alla poesia, a un linguaggio simbolico e ricco che può esprimere qualcosa che non si può semplicemente «misurare e pesare» per capirlo.
E così, con il suo linguaggio poetico, Giovanni ci spiega che quando Gesù è nato la Parola di Dio è «diventata carne».
Così come succede a volte che le solite parole non bastano, così può anche succedere che le paro- le, qualsiasi parola, non bastano. Le parole sono importanti, ma qualche volta abbiamo bisogno di qualcosa di più che una parola. Sentirsi dire «ti amo» è bellissimo, ma vedere l’amore di una perso- na per te esprimersi nei fatti, nei gesti, nei compor- tamenti conta ancora di più. Le parole senza azioni, senza gesti, sono vuote e prive di significato.
La Parola di Dio è diversa rispetto alle nostre parole. Non è mai vuota o senza significato; quando Dio parla, allo stesso tempo agisce, causa dei cambiamenti e crea del nuovo. Questa pienezza della Parola di Dio la vediamo più chiaramente nella sto- ria di Gesù. Dio non dice semplicemente «vi amo», ce lo dimostra, avendo fatto nascere il suo Figlio in mezzo a noi. I gesti di Gesù, le sue azioni, la sua morte e risurrezione soprattutto, sono i gesti di Dio che vuole farci comprendere il suo amore per noi.
Gesù è la Parola di Dio «diventata carne». È l’amore di Dio che agisce. Un amore che può agire anche nella nostra vita, se ci mettiamo a disposizio- ne di esso, corpo e mente e cuore. Anche per noi l’amore di Dio può diventare più di una parola, può diventare vita vissuta, Parola che agisce, che cambia le cose e che crea del nuovo.
Cristo non ha nessun corpo in terra ora, se non il tuo,
non ha mani,
se non le tue,
non piedi,
se non i tuoi.
Tuoi sono gli occhi attraverso i quali guarderà al mondo con compassione; tuoi sono i piedi con i quali
si sposterà per fare il bene;
e tue sono le mani con le quali
egli ci benedirà adesso.
(Teresa d’Avila, 1515-1582)