di Helene Fontana
Si può comunicare con i gesti, con il corpo, con l’espressione del viso. Ma per la comunicazione e il dialogo sibilità di conoscere gli altri e di farsi conoscere, di scambiarsi idee e opinioni e even- tualmente anche cambiarle, rimangono fondamentali le parole, la lingua.
Chi ha provato a viaggiare o vivere all’estero sa quanto può essere frustrante quando non si riesce a comunicare con le persone che si incontrano, quando la barriera di una lingua straniera, sconosciuta o poco conosciuta, impedisce anche solo di chiedere un’in- formazione, per non parlare della possibilità di dare il proprio contributo ad una conversazione o discussio- ne. La mancanza di una lingua comune rende molto difficile stabilire legami con gli altri perché riduce le possibilità di conoscersi e di capirsi reciprocamente.
Le difficoltà di comprensione non necessitano però sempre della presenza di lingue diverse: anche quando c’è da comunicare in una lingua comune con persone che appartengono a culture, età o tradizioni diverse dalle nostre, spesso non ci si comprende comunque e sembra proprio di «parlare due lingue diverse».
Pentecoste e le lingue diverse
Nel racconto del libro degli Atti degli Apostoli del giorno di Pentecoste, la diversità di lingue diven- ta simbolo della divisione e della non comprensione tra le persone.
Quel giorno nella città di Gerusalemme, di cui racconta il libro degli Atti, erano presenti persone provenienti da molti paesi e luoghi diversi. Erano arrivate da vicino e da lontano in pellegrinaggio per una delle grandi feste celebrate dagli ebrei a Gerusalemme, a cui accorrevano pellegrini da tutto il mondo allora conosciuto.
Ciascuno di questi viandanti aveva nel suo «bagaglio» una storia, una cultura, un’esperienza diversa. Ma soprattutto il racconto fa notare che tutti parlavano lingue diverse. È perciò probabile che difficilmente si capissero tra di loro e che la comunicazione e le relazioni personali tra loro fosse- ro difficoltose.
Ma poi, come racconta il libro degli Atti, succede il miracolo che riesce a superare tutte le barriere e tutte le divisioni: gli apostoli ricevono il dono dello Spirito Santo e cominciano ad annunciare il messaggio della salvezza che è in Gesù Cristo. E tutti i presenti li capi- scono! Ciascuno sente parlare nella propria lingua, e alle orecchie di tutti arriva lo stesso messaggio.
In quel momento le barriere – simboleggia- te dalla diversità di lingue – che prima esisteva- no tra le persone ed i popoli cadono. Tutti sono uniti dall’ascolto della predicazione che annun- cia la risurrezione di Gesù Cristo e la salvezza offerta a tutti.
La frustrazione di non capirsi
Come succede a sempre più persone in questo nostro mondo dove si viaggia per necessità, per fuggi- re, per lavoro o per svago, anch’io mi sono trovata in più occasioni in stretto contatto con persone che non solo parlavano una lingua diversa dalla mia, ma che si distinguevano da me anche per età, cultura, tradizioni e molt’altro ancora. È successo viaggiando, studiando e ora lavorando (in Italia, ma il mio paese d’origine è la Danimarca). So come può essere frustrante non riuscire né a capire né ad esprimersi come si vor- rebbe. E ho vissuto situazioni nelle quali, anche se si riusciva a parlarsi in una lingua comune, c’erano comunque difficoltà di comunicazione che avevano le loro radici nella diversità di culture, età ecc.
«Ho sperimentato piccoli miracoli di Pentecoste»
Molte di queste mie esperienze si sono svolte nell’ambito della chiesa o comunque insieme ad altri
credenti. Le difficoltà certamente ci sono state. Ma oso sostenere che nel piccolo anch’io (e altre persone con me) ho sperimentato «miracoli» simili a quello accadu- to il giorno di Pentecoste quel giorno a Gerusalemme. Momenti in cui le barriere tra le persone sono state superate grazie al comune ascolto della Parola di Dio.
Un’esperienza del tutto speciale in questo senso è stata quella dei miei anni di studio nel Seminario Battista Internazionale a Rueschlikon, in Svizzera. Con una quarantina di studenti provenienti da tutto il mondo, che facevano vita comunitaria per mesi o per anni, c’era fertile terreno per incomprensioni cultura- li, linguistiche, teologiche ed altro. Ma ciò che ricordo da quel periodo non sono le incomprensioni. Sono le amicizie, gli insegnamenti, la crescita. Noi studenti parlavamo molte lingue diverse; quella comune, per le lezioni e gli studi, era l’inglese. Ma alla fine non era né l’inglese, né altre lingue, ad unirci nelle nostre dif- ferenze. Ad unirci erano la fede ed il comune ascolto della Parola di Dio, che creavano in noi il desiderio di capirci, di imparare gli uni dagli altri, e superare le divisioni che comunque qualche volta si verificavano.
Nella mia attività di pastora ho ripetuto, su scala minore, l’esperienza di trovarmi insieme a persone provenienti da paesi diversi dal mio o dal mio paese «d’adozione», l’Italia. Mi sono trovata in chiese che da tempo più o meno lungo vivevano l’esperien- za della convivenza tra persone di provenienze e nazionalità diverse. Con la conseguente diversità nel concepire il culto, la liturgia, il canto, a volte anche la teologia. Ma, nonostante le difficoltà, ho visto molti esempi di come l’ascolto comune della Parola di Dio ha donato l’apertura mentale e l’amore per il prossimo necessari per superare le divisioni e le incomprensioni ed incontrarsi sul terreno della fede.
Uniti in Cristo: questo è il miracolo di Pentecoste
Celebrare il culto o stare intorno ad un tavolo per studiare insieme la Bibbia, con persone di nazio- nalità e origine e età e cultura e strato sociale diver- si, e sentirsi in comunione, unite dalla comune lin- gua della fede, per me questo è già un «miracolo»: il miracolo della Pentecoste, in cui lo Spirito di Dio ha abbattuto le barriere e ha unito coloro che erano divisi, grazie all’annuncio di Gesù Cristo risorto