diritti_10_1a cura della redazione 

Una storica decisione

«Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti» (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948) . Questa dichiarazione è la base sulla quale i movimenti, le associazioni e le istituzioni abolizioniste hanno fondato le loro argomentazioni contro la pena di morte . Paradossalmente però la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non contiene il divieto a ricorrere alla pena capitale . Chi sosteneva l’abolizione della pena capitale era in netta minoranza durante la stesura e la votazione della Carta dei diritti .

Finalmente il 15 novembre 2007 con 104 voti favorevoli, 54 contrari e 29 astenuti, l’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato la risoluzione di moratoria universale contro la pena di morte . Allora il Parlamento italiano si fece promotore di questa risoluzione .

Bibbia e pena di morte: l’Antico Testamento

La pena di morte è contemplata nella Bibbia: «Il sangue di chiunque spargerà il sangue dell’uomo sarà sparso dall’uomo» (Genesi 9, 6) .

«Se uno uccide un altro, l’omicida sarà messo a morte in seguito a deposizione di testimoni; ma un unico testimone non basterà per far condannare a morte una persona» (Numeri 35, 30) .

La pena di morte è regolata dalla cosiddetta legge del taglione: «… darai vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, scottatura per scottatura, ferita per ferita, contusione per contusione» (Esodo 21, 23-25) .

contenere la vendetta per mezzo di un equo risarcimento e affidare l’esecuzione della giustizia a terzi esterni alle parti in conflitto.

L’apostolo Paolo ribadisce entrambi questi concetti in Romani 13, 4 dove sancisce l’autorità del magistrato sui cristiani e il suo compito di infliggere una giusta punizione . In Atti 25, 11 Paolo riconosce che se fosse colpevole sarebbe passibile di essere messo a morte.

Vediamo alcuni i casi per i quali è contemplata la pena di morte: l’assasinio; la violenza contro i genitori; la bestemmia contro Dio; l’infrazione del sabato; la pratica della magia; l’adulterio1 .

Il Nuovo Testamento

Come abbiamo visto nel libro degli Atti, la pena di morte era considerata un fatto .

Tuttavia Gesù, posto di fronte ad un caso di adulterio per il quale era prescritta la pena di morte, rifiuta di pronunciare un giudizio e perciò di giustificare l’uso della pena capitale . Si tratta della vicenda della donna adultera raccontata in Giovanni 8, 1-11 .

Gesù non ignora il peccato della donna – alla quale comanda di non peccare più – ma le dona la possibilità di cambiare vita . Gesù introduce così il concetto della riabilitazione del colpevole .

L’episodio della mancata condanna chiarisce il significato della grazia così come Paolo ne scrive in Romani 5, 1-5 . La grazia è la pace con Dio che dona speranza e perciò una nuova occasione . Proprio come la donna che può ricominciare da capo . L’ordine di Dio «nessuno tocchi Caino» (Genesi 4, 15) diventa la parola nuova di grazia a partire dalla quale i cristiani sono chiamati a rifiutare ogni legislazione che impedisca un percorso di riabilitazione e di rigenerazione .

Perché abolire la pena di morte

Primo: la pena capitale confligge con il princi- pio di riabilitazione del colpevole . Inoltre, la pena di morte introduce negli ordinamenti una prassi secondo la quale la persona è portatrice di un diritto in forza delle sue azioni e non per il fatto di esistere e avere un corpo.

Secondo: la pena di morte è inutile . È provato che in nessuno degli Stati dove essa è praticata vi è un reale decremento dei crimini rispetto a quei paesi dove la pena di morte è abolita (si pensi ad esempio agli Stati Uniti e alla Cina). Invece è stato provato che in Canada il numero di omicidi è diminuito dopo che nel 1976 è stata abolita la pena capitale.

Da un punto di vista cristiano il sesto comandamento: «non uccidere» (Esodo 20, 13), rafforzato

al comandamento di Gesù: «Amate i vostri nemici, benedite quelli che vi perseguitano» (Matteo 5, 43), vincola i cristiani a rifiutare qualsiasi legislazione che imponga la morte ad una persona e si fondi su un principio di secca reciprocità (tu uccidi, io ti ucci- do) . Le chiese che rifiutano la pena capitale affermano che compito dello Stato è il mantenimento della pace e della giustizia e non l’applicazione di una vendetta . Non la secca retribuzione, ma la giustizia nei confronti delle vittime e la riabilitazione degli offensori .

Cosa pensano le chiese battiste italiane

Nel 2000 l’Assemblea Generale dell’UCEBI, con l’Atto n .60, impegnava il Comitato esecutivo «a sostenere gli sforzi del Parlamento italiano e dei Parlamenti d’Europa, (…) per l’approvazione, nell’ambito dell’ONU, di una dichiarazione che contempli il bando della pena di morte in tutti i paesi, e il diritto alla vita di esseri viventi come parte integrante della Dichiarazione Universale dei Diritti

Umani» . La decisione era motivata dal rifiuto di giustificare la pena capitale come pena esemplare e a scopo deterrente; dalla denuncia «del carattere irreversibile della pena che chiude definitivamente qualsiasi ulteriore discorso e non tiene conto della possibilità dell’errore giudiziario»; dalla consape- volezza che, «alla luce dell’Evangelo, è necessario lasciare aperta la possibilità della conversione e di un nuovo inizio, e che, secondo il dettato costituzio- nale, ogni pena giuridica deve essere rivolta alla rie- ducazione e al pieno reinserimento del trasgressore nella società come segno del suo recupero, umano e sociale» . Infine, la decisione era motivata dalla confessione di fede «che qualunque ferita inferta ad una qualsiasi persona colpisce e sfigura l’immagine di Dio che ognuno porta in sé fin dal momento della creazione» .

1) Numeri 35, 16–21; Esodo 21, 25; Levitico 24, 14-16,23; Esodo 31,14; Esodo 22, 18; Levitico 20, 10-12