03-Clandestinidi Daniela Tralli

 

Viviamo in una società in cui il fenomeno dell’immigrazione è ormai così diffuso che per molti è divenuta una realtà con la quale convivere.

Dagli ultimi dati emerge che gli stranieri in Italia sono più di tre milioni ed il numero è costantemente in crescita. Tra le maggiori città ospitanti persone che hanno lasciato il proprio paese d’origine abbiamo la provincia di Roma, Milano, Torino. Purtroppo, però, è sempre più diffuso il pregiudizio, l’odio, il razzismo.

Trasferitami da circa due anni in Piemonte ho potuto constatare cosa vuol dire «essere stranieri»; abituarsi a vivere in un ambiente totalmente diverso dal proprio può risultare a volte molto difficile soprattutto se, come molti extracomunitari, si è soli.

Le nostre comunità sono chiamate a svolgere un compito molto importante: quello di accogliere questi fratelli e sorelle rendendo meno difficile il loro inserimento nella nostra società, creando attorno a loro un ambiente familiare su cui poter contare. Noi credenti non dobbiamo renderci estranei, ma dobbiamo sforzarci di abbattere le differenze culturali ed etniche che ci separano. Il Nuovo Testamento ce lo ricorda in 1 Pietro 4, 9-10 con queste parole «Siate ospitali gli uni verso gli altri senza mormorare. Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto, lo metta a servizio degli altri». Ognuno di noi deve impegnarsi come può per aiutare questi nostri fratelli e sorelle che, venendo da lontano hanno bisogno sia di beni spirituali che di beni materiali.

La chiesa battista di Valperga ha avuto modo, da un anno e mezzo a questa parte, di accogliere ed ospitare nella propria comunità alcuni fratelli e sorelle evangelici, provenienti da paesi lontani, tra i quali vi è Alfonso che si è ben inserito nella chiesa e con il quale la comunità ha stretto un buon rapporto. Alfonso è arrivato in Italia circa quattro anni fa. Ha 36 anni e viene dall’Angola, dove ha lasciato i suoi cari.

I fratelli e le sorelle di Valperga hanno pregato molto e si sono tanto impegnati affinché Alfonso potesse ottenere il ricongiungimento con sua moglie. Alla nostra preghiera ha fatto seguito un aiuto fraterno, quindi un gesto concreto che ha permesso che Alfonso e Paolina a gennaio si riabbracciassero dopo quattro anni di lontananza. Questo è stato motivo di gioia per tutta la chiesa.

Noi come credenti, siamo chiamati ad annunciare l’evangelo a tutti i popoli, ad ogni razza e cultura, ma all’annuncio deve corrispondere anche un atteggiamento concreto che vede nell’altro non un estraneo, o un individuo diverso, ma un fratello. La Parola, infatti ce lo dice chiaramente: «… in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me » (Matteo 25, 40). Chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua «ai minimi», non l’avrà dato ad un estraneo, ma alla persona di Gesù Cristo.

La chiesa ha un compito importante, se vuole assolverlo non può non essere schierata in prima linea e farlo a favore del povero, della vittima, del debole, del sofferente e dello straniero.