williamsa cura di Nunzio Loiudice

 

 

oger Williams (c. 1603 – 1683) fu un propugnatore della libertà di coscienza e religiosa. Nel 1630 lascia l’Inghilterra, dov’era nato, e approda in Nord America.

Nelle sua opera di pioniere e predicatore, Williams separò con vigore il concetto di cristianità – christianity – da quello di cristianizzazione – christendom –, quest’ultimo il frutto corrotto della caduta della chiesa iniziata con l’imperatore Costantino. Williams si impegnò a «costruire un muro di separazione tra il giardino della chiesa e la savana del mondo». Egli infatti sosteneva che solo mantenendo lo Stato fuori dagli affari della fede si può garantire lo sviluppo di una fede autentica.

A causa delle sue idee fu costretto a lasciare il Massachusetts e a rifugiarsi tra gli indiani dove fondò un primo insediamento – Providence – e la Prima Chiesa Battista d’America (1636).

La netta separazione dello stato dalla chiesa e il rifiuto della cristianizzazione coatta dei popoli, condusse Williams a scontrarsi contro coloro che battezzavano forzosamente i nativi americani.

Appellandosi ai suoi fratelli Williams dice: «Mi appresto dapprima con umiltà a considerare la parola pagano, che gli Inglesi usano spesso con disprezzo. Spesso ho sentito dire:

“Questi cani pagani; meglio ucciderne mille che essere messi in pericolo da loro (…). La migliore soluzione sarebbe farli sparire tutti per non mischiare il nostro sangue con il loro!”.

Imploro voi miei contadini e gente semplice a considerare che sebbene degli uomini abbiano usato la parola pagano applicandola agli indiani che vanno nudi e non hanno mai sentito parlare di Dio, questa è impropriamente usata (…) in maniera non cristiana e peccaminosa. La parola pagano non significa altro che nazioni gentili».

Chi può dirsi cristiano? Secondo Williams essere cristiano significa due cose: «essere seguaci dell’Unto in tutte le sue mansioni ed essere partecipi a quell’unzione». La cristianità può essere solo scelta, perché se è imposta diventa cristianizzazione. Ecco perché Williams non ha imposto tale conversione agli indiani americani: «guai a me – predica Williams – se io chiamo ciò che luce, oscurità o l’oscurità ciò che è luce; se chiamo dolce ciò che è amaro o amaro ciò che è dolce (Isaia 5, 20). Guai a me se chiamo quella conversione a Dio mentre è sovversione di milioni di anime nella cristianità da una falsa adorazione ad un’altra (…). L’America, l’Europa (come tutte le altre nazioni) giacciono morte nel peccato e nelle trasgressioni. Non è un abito di raso rosso che farà un uomo morto vivo. Non è la forma né il cambio di una forma (per quanto eccellente essa sia) a convertire un uomo».

Continua Williams: «Io intendo il convertito uno accettabile a Dio in Gesù Cristo secondo la regola visibile della Sua ultima volontà e Testamento (…). Tale conversione deriva dalla libera proclamazione e predicazione del ravvedimento e del perdono dei peccati compiuta da messaggeri che sono in grado di provare il loro leale mandato e compito ricevuto dal Signore Gesù di fare discepoli e di battezzare nel suo nome (Matteo 28, 19; Romani 10, 14-15). La conversione è il totale mutamento di tutto l’essere umano che inverte la sua rotta passando dalle tenebre alla luce, dal potere di Satana a Dio».

Furono proprio queste idee a costargli l’espulsione e l’esilio dal Massachusetts nel 1635. La Corte suprema giudicò la predicazione profetica di questo araldo della tolleranza: «nuove e pericolose opinioni».

 

Suggerisco per approfondire di Philip Jenkins, The Next Christendom.