Come raccontare la storia di una comunità battista che vive a Cagliari dal maggio 1877?
Forse leggendo i documenti o frugando negli archivi fortunatamente intatti, oppure ascoltando le voci di coloro che ricordano ancora i tempi pionie-ristici di inizio secolo, quelli dei colportori, dei due culti domenicali, delle gite in diaspora, dei numerosi battesimi, dell’entusiasmo e della gioia dello stare insieme davanti alla Parola di Dio. I tempi delle conversioni e delle polemiche anticattoliche, del-l’identità avversata perciò forte, e difesa ad oltranza con l’analisi e l’esegesi bibliche, i tempi del canto comunitario che colpiva i passanti e talvolta li iniziava ad un percorso di ascolto e di fede poi.
Questa è stata la chiesa battista di Cagliari agli inizi della sua storia. Poi, nel tempo, è cambiata la società in cui si vive, sono cambiate le generazioni di credenti, i loro costumi e il loro modo di percepire e vivere la chiesa, si sono succeduti molti pa-stori (e tutti con una robusta preparazione teologica e biblica di cui la comunità ha grandemente goduto), si è cresciuti nella comprensione che la comunità adulta è quella dei doni distribuiti e messi in comune, è quella del confronto talvolta serrato (in certi casi troppo) e del dialogo, è quella che deve uscire dalle porte del locale di culto e spendersi nella società civile. Non più, quindi, una identità offesa e dunque difensiva, non più un gruppo solido ma chiuso in se stesso a caccia di nuovi membri. Oggi, nel calderone multiculturale e multireligioso, nell’intreccio tra le diverse fedi, si sviluppano metodiche di relazione, si analizzano i principi fondanti del nostro modo di essere chiesa, le parole e i concetti chiave, si sviluppa (o deve svilupparsi) una ri-flessione su come fare a dire Dio (e quindi la teologia, la predicazione, la diaconia), a testimoniare di Gesù Cristo, a organizzare la chiesa e il suo tentativo di fedeltà all’Evangelo, così come ci è stato presentato e così come lo accettiamo.
Alcuni fronti di testimonianza,
oggi, a Cagliari
In questo quadro (sommario inevitabilmente) si collocano alcune iniziative che la nostra comunità (una cinquantina di membri attivi) oggi porta avanti. La ricerca in ambito interreligioso ha radici lontane, agli albori della stagione ecumenica (con studi biblici con cattolici e attività comuni ai tempi della approvazione della legge sull’interruzione delle na-scite, che costò ad alcuni di loro censure da parte delle gerarchie), seguito poi dalla nascita del gruppo interreligioso cittadino, risvegliatosi da alcuni anni e quasi pronto a siglare con il Comune la costituzione della Consulta delle Religioni del comune di Cagliari.
In parallelo il lavoro del Gruppo Ecumenico di Lavoro (Gel) che ci vede impegnati in un confronto non sempre facile, e ancora, l’attività molto sentita e partecipata del coro ecumenico che svolge una ricerca sui canti, sugli inni, sulla loro storia, un gruppo (eterogeneo per fede, età, cultura) curato con grande passione dalla sorella Francesca. La musica, in effetti, è un denominatore comune alle varie stagioni della nostra storia di comunità. È come se questi talenti (nel canto, nella composizione, nella direzione) avessero accompagnato costantemente la nostra testimonianza. Ancora, oggi, amiamo cantare nel culto e diversi fratelli di chiesa si cimentano nella esecuzione e nella composizione musicale con buoni risultati.
Un’altra caratteristica che ha segnato la chiesa nella sua storia è la condizione di lontananza geografica dal resto del nostro mondo battista, che ha aggiunto ulteriori difficoltà e ha reso più complessa l’affermazione del diritto all’esistenza come luogo dove testimoniare l’evangelo nell’alveo del protestantesimo storico. Ma la distanza ha sviluppato il desiderio di partecipare, di esserci, di conoscere e frequentare gli altri fratelli e sorelle. Ecco, perciò, l’esperienza, il ricordo, la crescita nella fede di coloro che sono stati ad Agape, a Santa Severa, a Rocca di Papa, all’istituto Taylor, nella Federazione giovanile evangelica italiana (Fgei), a Senerchia e poi a Monteforte Irpino, nei vari organismi nazionali, al Campo Sardegna. I luoghi del prote-stantesimo italiano sono stati, perciò, occasioni di formazione, di appartenenza, di superamento della solitudine geografica nella comunione fraterna e spirituale, di condivisione della propria fede personale e comunitaria.
Eben Ezer, adesso
La casa Eben Ezer è, oggi, l’ultima pagina che si è aperta davanti a noi. Un sogno lontano di alcuni (dopo le esperienze nelle zone terremotate), una opportunità di lavoro e di testimonianza per la comunità tutta. Una casa in cui provare a coniugare le parole della fede a quelle della vita quotidiana, i gesti verso cui tendere a quelli parziali, a volte contraddittori, insufficienti, che sappiamo fare. Un enorme impegno per le nostre modeste forze. Una sfida che speriamo e preghiamo di saper sostenere.
In ultimo una certezza. Dal lontano maggio 1877 ad oggi, qualcuno che potesse raccontare la nostra storia per averla vissuta, qualcuno che portasse con sé le gioie, gli entusiasmi, i momenti alti che si devono ricordare ma pure le sofferenze e i dolori patiti e causati a coloro che ci hanno accompagnato, questo qualcuno potrebbe testimoniare di come lo Spirito del Signore non abbia lasciata sola la chiesa battista di Cagliari, comunque e nonostante le sue infedeltà, mantenendo la promessa di stare con coloro che si riuniscono nel suo nome. Quando siamo stati capaci di farlo.