diritti_04_01di Lidia Maggi

 

È ormai qualche anno che le nostre chiese, seppur a singhiozzo e con fatica, si interrogano sulla piaga della tratta: ragazze provenienti da altri paesi e costrette alla prostituzione. Le abbiamo incontrate sulle diverse strade, seminude sia l’estate che l’inverno. Le abbiamo avvicinate offrendo loro amicizia, informazioni sanitarie ed anche un supporto spirituale. Così, attraverso i loro racconti, ci siamo resi conto che tante sono forzate a prostituirsi, ricattate per ragioni economiche nel corpo e nell’anima. Abbiamo dunque organizzato qualche convegno e messo in rete diverse esperienze locali. Piccoli gesti per non rimanere paralizzati da una realtà troppo grande per noi ma che richiede la nostra attenzione sia perché la dignità di tanti esseri umani è violata in questo commercio di corpi, sia perché dietro la tratta, così ampliamente diffusa, si nasconde una crisi della sessualità che riguarda tutti noi. Oggi le strade sono meno invase da ragazze seminude costrette alla prostituzione. I servizi dell’ordine hanno sostanzialmente agito trattando il fenomeno come problema di ordine pubblico: hanno organizzato retate continue e ripulito le strade. E le ragazze? Hanno smesso di prostituirsi? E i loro sfruttatori? Hanno rinunciato ai facili guadagni della tratta sessuale? Purtroppo non è così. La prostituzione di ragazze forzate, vendute, abusate, continua in luoghi «protetti»: in appartamenti privati o locali di intrattenimento. Per chi come me da qualche anno prova a stabilire contatti con le vittime di questa piaga, il lavoro diventa sempre più difficile. Le ragazze sono meno raggiungibili e questo le rende sempre più vulnerabili. Molte delle giovani conosciute nel passato sono scomparse. In strada ci sono le nuove arrivate, meno numerose, generalmente più giovani e con meno strumenti culturali. Me ne accorgo quando distribuisco le Bibbie. Di solito le consegno chiedendo di leggere assieme un Salmo per un momento di preghiera. Sempre più spesso accade che la ragazza legga a stento. Anche di Vicky non ci sono più tracce. Più volte ho chiesto notizie di lei alle nuove ragazze. Nessuna sembra conoscerla. Lei però ha conservato il mio numero di telefono. Una mattina mi chiama per raccontarmi tra le lacrime la sua triste vicenda. Una telefonata burrascosa dove mi spiega che non lavora più in strada e che la sua situazione è drasticamente peggiorata. Ora passa le giornate rinchiusa in un appartamento. Letteralmente segregata, la porta chiusa dall’esterno. Non è più lei a gestire il contatto con i clienti, né i soldi. Incontrarla è impossibile. Esce sempre «accompagnata». Non sa spiegarmi dove si trova, o forse non vuole… ha paura e piange. Altre ragazze sono con lei. Ho conosciuto Vicky un anno fa in una delle tante uscite. Avevamo più volte pregato assieme. I miei pensieri vanno spesso a quella ragazza rinchiusa chissà dove. Mi chiedo se i clienti che la incontrano siano consapevoli di quella segregazione forzata. Vicky non mi ha più chiamato. Chissà se lo farà ancora, chissà se può farlo…