Ronchia cura della redazione

 

Manfredi Ronchi è stato un predicatore, un intellettuale ma soprattutto un uomo dell’Unione delle chiese battiste. Organizzatore dell’Opera battista, fu il principale artefice dell’Unione battista. Il servizio reso all’Unione delle chiese battiste fu la cifra del suo ministero.

Manfredi Ronchi nasce a Solofra (Avellino) il 28 agosto del 1899. Conseguito il diploma, si trasferisce a Roma dove si iscrive alla Facoltà di legge. A Roma egli conosce l’evangelo frequentando la chiesa battista in Via del Teatro Valle; lì riceve il battesimo per immersione il 12 dicembre 1920, a 21 anni, Assume l’incarico di monitore della Scuola Domenicale e sostituisce sul pulpito il pastore Aristarco Fasulo quando questi è assente.

Nel 1921 si iscrive alla Facoltà Valdese di Teologia (allora a Firenze) dove insegnava, tra gli altri, Giovanni Luzzi. Il 30 settembre 1927 consegue il diploma in teologia con una tesi su “La Dottrina dei Dodici Apostoli”: fu il primo studente battista a conseguire il diploma presso la Facoltà Valdese di Teologia.

Nel 1924 sposa Lina Spangaro con la quale ebbe tre figli: Miriam, Luigi (morto a 16 mesi) e Ugo. Appena sposato, nel 1925, Manfredi Ronchi si trasferisce con la famiglia in Sicilia, a Floridia e quindi nel 1929 a Cagliari. Qui, nel 1932, insieme a un ultimo nato, muore la moglie Lina.

Manfredi Ronchi trascorre l’anno accademico 1932 – 1933 tra Londra e a Oxford dove studia le vicende degli evangelici italiani esuli oltre Manica. Tornato in Italia, scriverà una serie di articoli per La Luce e terrà delle conferenze su Piermartire Vermigli, Bernardino Ochino e Gabriele Rossetti. Il rientro in Italia lo vede vorticosamente trasferirsi tra Roma e Torino.

Nel 1935, sposa Maria Spangaro. Dal matrimonio nasceranno Bianca, Franco e i gemelli Laura e Sergio. Dal 1935 al 1968 Manfredi Ronchi è pastore nella chiesa battista di Via del Teatro Valle.

Manfredi Ronchi fu innanzitutto uno straordinario predicatore. Chi lo ha ascoltato ricorda l’originalità, la forza e l’efficacia dell’eloquio. Di rado scriveva un testo per intero; per lo più stendeva uno schema, qualche citazione biblica, qualche nota. Il resto lo facevano gli studi disciplinati, una memoria straordinaria e un’intelligenza sottile.

Ascoltarlo era un piacere e per questo Manfredi Ronchi negli anni tra il 1946 e il 1951 fu impegnato in vari contraddittori pubblici con esponenti cattolici. Aveva imparato da Luzzi l’arte della dialettica: stringente e arguta eppure serena, mai aggressiva.

All’attività di predicatore, Manfredi Ronchi accostò quella di conferenziere. Del poco che è stato conservato in archivio, è di particolare interesse quanto egli scrisse in preparazione al Secondo Congresso delle Chiese Evangeliche Italiane del 1965. Manfredi Ronchi fu anche un’efficace insegnante. I suoi ambiti di interesse erano la storia e il pensiero della Chiesa Antica, e si impegnò molto anche per la formazione non solo dei futuri pastori ma anche dei membri di chiesa: appena le condizioni economiche lo resero possibile fondò a Rivoli (TO) il Seminario teologico battista (di cui si occupò per anni, con profonda dedizione, il pastore Vincenzo Veneziano, quale decano e amministratore), e lavorò con impegno, tenendo dei corsi regolari anche alla Scuola Biblica Femminile di “Betania”. Le sorelle che egli formò sono tra le colonne delle chiese battiste in Italia.

Manfredi Ronchi profuse l’attività di scrittore in un numero sterminato di articoli apparsi soprattutto nelle riviste evangeliche. Già nel 1922 cominciò a scrivere per Conscientia diretta da Giuseppe Gangale. Nello stesso anno inizia a collaborare con Il Testimonio, che in seguito diresse. Fondò e fu direttore del Messaggero Evangelico.

Collabora regolarmente per La Luce. Per Gioventù Evangelica, di cui è redattore, scrive sul movimento di evangelizzazione di Oxford. Del Ronchi scrittore, non va dimenticata la produzione per l’infanzia: curerà con particolare attenzione la Pagina per i piccoli per Il Messaggero Evangelico.

Tuttavia (parafrasando un noto inno) “i fiori più belli della mente” Manfredi Ronchi li spese per il governo delle chiese battiste Italiane. Di suo pugno è lo Statuto dell’Opera battista (1934); negli anni drammatici dell’immediato secondo dopoguerra, si adoperò nel sostegno dei pastori e delle chiese affinché portassero avanti la missione. Proprio per assicurare un’amministrazione razionale delle Chiese e tutelarle nel loro rapporto con lo Stato, Manfredi Ronchi ideò l’Ente Patrimoniale; ma anche creò le condizioni che assicurassero una pensione al corpo pastorale, quel corpo pastorale cui egli penso di conferire fisionomia istituzionale con la creazione dell’«Associazione pastorale battista».

Attraverso un lavoro lento e paziente egli contribuì in modo determinante a trasformare il battismo italiano, nato come missione estera (1863) e diventato Opera battista Italiana (1923), in una vera e propria Unione di chiese (1956), di cui fu il primo Presidente.

Manfredi Ronchi dovette superare sia le resistenze della Southern Baptist Convention, sospettosa nei confronti di questo movimento d’indipendenza che era anche teologico sia l’opposizione di quei colleghi che non volevano rinunciare a certi privilegi di ordine economico derivanti da un rapporto diretto con la missione americana.

Ronchi viaggiò molto. Nel 1950, fu eletto vicepresidente dell’Alleanza Mondiale Battista (1950-1955) e gli fu conferita la Laurea Honoris Causa in Teologia dal Georgetown College in Kentucky. Della Federazione battista europea divenne prima Vicepresidente (1952-1954) e poi Presidente (1954-1956).

Manfredi Ronchi lavorò, tra gli altri, alla costituzione della Federazione delle Chiese Evangeliche d’Italia (Roma, maggio 1965), nella convinzione che tutto quello che le chiese potevano fare insieme lo dovessero fare in comune. Tuttavia, egli mantenne un certo riserbo nei rapporti ecumenici con la Chiesa cattolica e desta l’attenzione affinché la fragile Unione battista non venisse assorbita in altre istituzioni ecclesiali più forti e facoltose.

Mario Sbaffi, ricorda che Ronchi fu Presidente del Consiglio Federale delle Chiese Evangeliche Italiane in anni particolarmente difficili per l’affermazione della piena libertà religiosa in Italia.

Sul tema della libertà religiosa, Ronchi si era già misurato fin dagli esordi del suo ministero. All’alba della Costituente scrisse una lettera al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana e al Comitato Centrale del Partito Socialista Italiano per sollecitare l’impegno di quei partiti a dare una forma laica allo Stato Italiano. In un editoriale pubblicato su il Testimonio nel 1946 indica quali sono i principi di libertà religiosa:

La garanzia dei diritti che lo Stato deve assicurare a tutti, qualunque sia la loro convinzione; la garanzia degli stessi diritti per tutte le istituzioni religiose che devono sottostare agli stessi doveri nei riguardi della legge; l’uguaglianza del trattamento di tutte le  religioni; il diritto di propaganda di parola e libertà di associazione; la libertà di nominare i suoi ministri senza ingerenza dello Stato. Manfredi Ronchi era convinto che la libertà di religione fosse la madre di tutte le altre libertà.

Giunto sulla soglia del pensionamento, Manfredi Ronchi sperava di riprendere lo studio della storia e di portare a termine una ricerca su Bernardino Ochino e di pubblicare su Pico della Mirandola; ma la morte lo colse, inaspettata,  in Svizzera il 25 maggio 1970.

 

cfr. Sanfilippo, P. Vita di Manfredi Ronchi, Ciclostilato presso l’autore, Chiavari 1975.