La Società Missionaria Battista (BMS), nata in Inghilterra e presente oggi nel mondo in più di 30 stati, sostiene progetti che riguardano la formazione di chiese, lo sviluppo, l’istruzione, la salute, l’aiuto in situazioni di calamità, i mezzi di comunicazione. Attualmente in Italia la BMS finanzia alcuni progetti e sostiene due coppie missionarie. Per circa sei mesi abbiamo avuto presso la chiesa battista di Genova un gruppo di quattro giovani battisti inglesi. Hanno preso parte alla vita della chiesa e all’attività evangelica nella città: hanno cantato nella corale, distribuito cibo per i senzatetto, dato un aiuto al centro per i tossicodipendenti, lavorato con i bambini del centro storico; frequentato e guidato i gruppi di preghiera e lettura biblica nelle case; predicato e fatto la liturgia in diverse chiese in inglese ed italiano. Hanno studiato l’italiano e vissuto la sfida di farsi capire ogni giorno in una lingua straniera. Hanno fatto tutto con il sorriso e con grande entusiasmo. I membri di chiesa pensavano che fossero tutti intenzionati a fare i pastori o i missionari a tempo pieno e sono rimasti sorpresi quando hanno saputo che due di loro andranno a studiare medicina, uno vuole lavorare nel campo dell’informatica e l’altra andrà a studiare letteratura. Ciò che li ha spinti a venire in Italia è stato il desiderio di fare un’esperienza di “missione” in un altro paese, attraverso la Baptist Mission Society. Cathrine, che è stata con noi a Genova, mi ha raccontato che nelle 2.100 chiese della Gran Bretagna non mancano né l’informazione né l’opportunità di partecipare a questo tipo di iniziative. «C’è sempre un poster della BMS in chiesa che invita i giovani a far parte di un “Action Team”; il rappresentante della missione per la nostra regione viene ogni tanto a parlarci del lavoro dei missionari, e poi i ragazzi, quando concludono il periodo all’estero, per due mesi visitano le diverse chiese raccontando l’esperienza fatta che lascia importanti tracce nel cammino di fede di ciascuno». Questa opportunità non è riservata solo ai giovani. La BMS rivolge a persone di tutte le età l’appello a fare un periodo di volontariato, a mettere a disposizione di chi ha più bisogno i propri doni e mestieri. Pubblica ogni mese sulla sua rivista, World Mission, le varie opportunità di servizio: ad esempio un dottore in Albania per tre mesi, un insegnante in Polonia per un anno; un esperto di computer in Nepal per sei mesi e così via. In questo modo la BMS mette a fuoco nelle chiese battiste britanniche la questione della missione nel mondo e incoraggia delle risposte concrete fra i circa 150.000 membri di chiesa. Il rapporto fra la Missione e le chiese battiste ha più di 200 anni e c’è sempre stata l’idea che è una questione che coinvolge tutti, non solo chi parte. Quando William Carey, il fondatore della BMS, decise di andare in India, disse all’amico Andrew Fuller: «Io ci vado se tu mi tieni la corda». Un’immagine presa dall’esperienza di chi, lavorando nelle miniere, si calava giù mentre un altro lo sosteneva con la corda. Fin dall’inizio nelle chiese si sono formati gruppi di Rope Holder (quelli che tengono la corda), che sostengono con la preghiera, con la corrispondenza, con donazioni i missionari e che, pur rimanendo a casa, si sentono parte della missione.