CarolynA cura di Sandro Spanu e Marta D’Auria

Carolyn McKinstry è stata una degli ospiti d’eccezione intervenuti al convegno internazionale sull’attualità del messaggio di Martin Luther King, organizzato dall’Unione battista d’Italia (Roma, 31 ottobre – 2 novembre 2007). Carolyn ha avuto modo di incontrare personalmente il pastore battista M. L. King, leader del movimento nonviolento, quando era solo una ragazzina. A questa testimone abbiamo rivolto alcune domande.

 

D: Carolyn, ci racconti il tuo primo incontro con Martin Luther King? Quali furono le tue impressioni?

R: «Avevo 14 anni. Allora i giovani avevano un rispetto reverenziale dei loro pastori. Quando lo vidi per la prima volta mi colpì la sua calma. Era una calma profonda radicata nella ferma convinzione del proprio ministerio e del proprio compito.

Inoltre mi colpì il fatto che M. L. King sapesse metterti a tuo agio. Quando parlava con te sapeva comunicarti che tu valevi. Parlava delle marce che avremmo dovuto affrontare con straordinaria serenità. Il pastore King sapeva farti sentire tutto l’orgoglio di fare la differenza con la tua partecipazione. Per me, una ragazza di 14 anni, era la prima volta che facevo esperienza della potenza di Dio che ci chiama a fare la differenza nella realtà in cui viviamo».

D: Come la testimonianza di M. L. King ha sfidato e cambiato la tua fede?

R: «Mi sono sentita sfidata a prendere il coraggio di rivendicare i miei diritti. L’incontro con il pastore King mi ha insegnato a non aver paura».

D: Se dovessi, in poche parole, testimoniare Gesù Cristo come lo hai imparato da M. L. King, cosa diresti?

R: «Gesù Cristo manifesta a te la giustizia di Dio. Oggi il mio Signore mi manda ad essere ambasciatrice della sua giustizia proprio a te. Soprattutto se ti senti o sei dimenticata, dimenticato da tutti».

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Chi è Carolyn McKinstry

Carolyn McKinstry è un’affascinante donna afroamericana che viaggia in tutto il mondo per dare la sua testimonianza di impegno per i diritti umani. Era una ragazzina di appena 14 quando riuscì a scampare al tremendo attentato, organizzato dagli uomini del Klu Klux Klan nel 1963, presso la Chiesa battista della Sedicesima Strada, a Birmingham (Alabama), dove morirono 4 giovani ragazze, tutte amiche di Carolyn.

«Credo – afferma Carolyn – che Dio abbia risparmiato la mia vita perché vivessi al servizio degli altri». Da quel momento, infatti, Carolyn prese parte attiva al movimento nonviolento che chiedeva il riconoscimento dei diritti civili al popolo afroamericano: affrontò i poliziotti, gli idranti, i manganelli nelle storiche marce che portarono alla fine della segregazione razziale e che assicurarono un eguale accesso a tutte le libertà per i cittadini di colore. Attualmente Carolyn McKinstry è presidente della «Fondazione della Sedicesima Strada», a Birmingham (Alabama), che raccoglie fondi necessari per la conservazione della storica Chiesa battista della Sedicesima Strada, di cui lei è membro da tanti anni.

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SedicesimaPerché ricordare la chiesa battista della Sedicesima Strada a Birmingham

 La chiesa battista della Sedicesima Strada fu oggetto nel settembre del 1963 di un attentato organizzato dai membri del Ku Klux Klan a Birmingham (Alabama). Lo scoppio della dinamite posta alle fondamenta della chiesa afroamericana provocò la morte di quattro giovani ragazze della scuola domenicale e il ferimento di 22 persone. Quell’attentato, che nelle intenzioni dei responsabili doveva instillare paura tra coloro che stavano lottando per la fine della segregazione, in realtà suscitò l’indignazione pubblica e accrebbe l’appoggio al movimento nonviolento dei diritti civili, guidato dal pastore M. L. King.

L’esplosione provocò un buco nel muro posteriore della chiesa, distrusse le scale e lasciò intatta solo la struttura di una finestra dai vetri colorati, in cui Gesù – il cui volto era stato distrutto – era ritratto insieme a dei giovani fanciulli.

Da quel momento la Chiesa Battista della Sedicesima Strada divenne un luogo simbolo della lotta nonviolenta degli afroamericani contro la segregazione razziale: alla brutalità di chi ricorreva alla violenza per impedire che anche i neri godessero degli stessi diritti dei bianchi, la grande comunità afroamericana rispose con una tenace e pacifica mobilitazione che riceveva nutrimento dalla preghiera, del canto e da una profonda fede in Dio che non avrebbe abbandonato i suoi figli in quell’azione per la libertà.