dialogo_05_02di Luca Maria Negro

 

Il Seminatore ha dedicato una serie di articoli al dialogo con le grandi religioni mondiali. Di fronte all’urgenza di questo incontro, l’ecumenismo – ovvero lo specifico dialogo fra le diverse confessioni cristiane – sembra essere diventato del tutto secondario. Tanto più che decenni di dialogo ecumenico non sembrano aver portato a un sostanziale avanzamento nell’unità dei cristiani. Siamo davvero di fronte ad un autunno dell’ecumenismo, come molti sostengono? Certamente, bisogna riconoscere che esiste una crisi dell’ecumenismo, ma parlare di «autunno» mi sembra eccessivo. Personalmente preferisco parlare di una «crisi di crescita»: il movimento ecumenico è per così dire uscito dall’infanzia ma non è ancora approdato all’età adulta, e in questa fase adolescenziale è normale che che ci siano tensioni, crisi e rigetti. Fuor di metafora, è evidente che in alcuni paesi la collaborazione fra le chiese ha fatto passi da gigante ed è diventata un elemento di routine, mentre in altri contesti (come in buona parte quello italiano) l’ecumenismo sembra essere confinato all’unico, rituale appuntamento della settimana di preghiera per l’unità, durante il mese di gennaio.

Come affrontare la crisi?

Proprio per rispondere a questa «crisi di crescita» le chiese europee – protestanti, cattolici e ortodossi – stanno lanciando un nuovo progetto: quello della terza Assemblea ecumenica europea (AEE3) o, per essere più precisi, del «processo assembleare» che culminerà nel 2007 con l’AEE3 vera e propria sul tema «La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e unità in Europa». L’Assemblea di Sibiu sarà la prima a tenersi in un paese a maggioranza ortodossa, dopo le prime due svoltesi nella protestante Basilea (1989) e nella cattolica Graz (1997).

Il processo assembleare vuol essere una sorta di «pellegrinaggio ecumenico»: per scoprire la ricchezza delle grandi tradizioni cristiane d’Europa, per lasciarsi illuminare dalla Parola di Cristo, per dare una risposta alla domanda di spiritualità, alla ricerca di senso e alle attese dei nostri contemporanei (e specialmente dei giovani), ed infine per rafforzare ed estendere la «rete ecumenica» europea, approfondendo gli impegni comuni che i cristiani europei hanno assunto nel 2001 con la «Charta Oecumenica».

Si tratterà di una «assemblea a tappe» che, partendo da un appuntamento pre-assembleare a Roma nel gennaio 2006, approderà a Sibiu per la vera e propria Assemblea nel settembre del 2007, passando per una serie di incontri a livello nazionale, e per un secondo evento pre-assembleare a Wittenberg, la città di Lutero.

Il progetto dell’AEE3 è stato varato nel febbraio scorso durante la riunione del Comitato congiunto della Conferenza delle Chiese Europee (Kek) e del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (Ccee), che si è svolta presso il «Centro ecumenico ed artistico» di Chartres, in Francia, a due passi dalla storica cattedrale, famosa nel mondo per le sue vetrate. La visita alla cattedrale di Chartres faceva parte integrante dell’incontro Kek-Ccee, e io che la vedevo per la prima volta ho portato a casa due immagini significative, che credo possano aiutare a mettere a fuoco il significato del processo assembleare.

La prima immagine è quella delle stupende vetrate di Chartres. La guida ci ha fatto notare che l’interno della cattedrale, oggi piuttosto scuro, un tempo era molto più luminoso. Due fattori contribuiscono all’attuale «oscuramento»: la patina di sporco sui muri, e uno spesso strato bianco all’esterno delle vetrate, dovuto all’inquinamento. Nonostante ciò, quando la luce del sole punta dritto sulle vetrate, essa riesce a creare all’interno un’atmosfera di intensa bellezza e spiritualità. Vien da chiedersi se questa immagine non possa essere una parabola del tema stesso dell’AEE3. «La luce di Cristo illumina tutti»: ma in Europa questa luce è parzialmente oscurata dalle nostre divisioni, dalla contro-testimonianza dei cri-stiani. Si impone dunque una opera di ripulitura di tutte quelle «incrostazioni» che impediscono alla luce di Cristo di brillare.

Questo significa che il pellegrinaggio a Roma, a Wittenberg, a Sibiu e agli altri centri spirituali della cristianità europea non deve trasformarsi in una sorta di autocelebrazione delle nostre diverse tradizioni. Non andremo a Roma per ce-lebrare il cattolicesimo, né a Wittenberg per lodare il protestantesimo o a Sibiu per esal-tare l’ortodossia. Il nostro pellegrinaggio, come tutti i pellegrinaggi, dovrà avere un aspetto penitenziale, autocritico: dovrà aiutarci ad essere più coscienti di ciò che indebolisce ed oscura la nostra testimonianza a Gesù Cristo, luce del mondo; a guarire le ferite del passato che sono ancora aperte; a superare la diffidenza reciproca e ad instaurare la fiducia. Di particolare importanza sarà dare spazio alle minoranze, scoprendo la ricchezza policroma di tutte le tradizioni cristiane d’Europa e tenendo conto della complessità dell’intreccio religioso del nostro continente.

Per finire, la seconda immagine. Abbiamo parlato del movimento ecumenico come di un’opera di restauro, e come in ogni restauro la ripulitura non può che essere lenta: essa esige perseveranza, delicatezza e pazienza. Non dobbiamo lasciarci scoraggiare dalla lentezza del cammino ecumenico: e qui può esserci utile l’immagine del «labirinto» che occupa il centro del pavimento della cattedrale di Chartres. Non si sa esattamente quale fosse il significato originale di questo simbolo; tuttavia oggi possiamo inter-pretarlo liberamente come un segno di speranza per il cammino ecumenico. Di solito i labirinti sono fatti per smarrirsi: ma nel labirinto di Chartres è impossibile perdersi, perché non ci sono «vicoli ciechi»; una volta entrati si arriva comunque al centro, anche se attraverso lun-ghe giravolte. Se Cristo è e resta al centro del nostro impegno ecumenico, sono sicuro che faremo centro.