“Se vuoi costruire una barca,
non radunare uomini per tagliare legna,
dividere i compiti, e impartire ordini,
ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito”
(Antoine de Saint-Exupéry)

L’articolo 23 della dichiarazione universale dei diritti umani dice:
1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

E qui potremmo concludere la scheda perché veramente in questo testo c’è tutto quanto ha senso dire sul diritto al lavoro. Difatti si pone il lavoro giusto, equamente retribuito e libero tra i diritti fondamentali della persona. E se è un diritto fondamentale, bisogna assolutamente parlarne nella settimana di evangelizzazione che stiamo dedicando ai diritti umani.
Fiumi di inchiostro sono stati già scritti su questo tema dal punto di vista teologico, politico, del diritto e degli studi sociali. Vorrei allora presentarvi tre storie che come tre parabole illustrano le parole vocazione, solidarietà e dignità. Questi tre termini posti di fianco alla parola lavoro lo qualificano e lo trasformano in senso di vita. Infatti il lavoro è il luogo dove, come cristiani/e laici siamo chiamati a vivere la nostra vocazione; quando sul posto di lavoro si costruiscono realzioni solidali si esce dal guscio della propria solitudine per divenire collettività in grado di rivendicare diritti; ed infine un lavoro che calpesti la dignità umana è schiavitù.

IL LAVORO È VOCAZIONE
Alexandra è una ragazza di 15 anni, ha sempre avuto difficoltà a scuola forse perché la non ha mai imparato bene l’italiano o forse per la sua delicata timidezza. I compiti e le interrogazioni le hanno da sempre generato quella sottile inquietudine che mette in dubbio le tue capacità e ti dà la certezza che non sarai mai all’altezza delle aspettative degli adulti. Terminate le scuole medie ha iniziato a frequentare un istituto professionale per prepararsi a lavorare nelle panetterie e nelle pasticcerie. In breve ha avuto l’occasione di misurarsi nel mondo del lavoro con uno stage presso una pasticceria, una delle più conosciute in città. L’ho incontrata qualche settimana dopo e ho colto nei suoi occhi la luce di una nuova consapevolezza. Mi ha raccontato delle brioche alla crema e delle crostate che confezionava ogni giorno senza sbagliarne una con matematica precisione e con amorevole dolcezza. Aveva imparato a conoscere la fatica per le tante ore passate in piedi, la necessità di rispettare gli orari e la disciplina della gerarchia. Aveva scoperto di essere fiera di quanto riusciva a fare con le sue mani e della fiducia che le avevano dato affidandole incarichi da svolgere in autonomia. La sera mentre preparava l’impasto del dolce che durante la notte sarebbe lievitato percepiva una profonda commozione perché il suo lavoro era importante per la felicità di molti. Se lei non lo avesse svolto con serietà e passione il mattino successivo sarebbero mancate le brioche che in tanti cercavano per iniziare la giornata con il piacere di una corroborante colazione al bar.

IL LAVORO COSTRUISCE SOLIDARIETA’
Dal 24 gennaio 2017 le lavoratrici e i lavoratori della KFLEX di Roncello (Monza-Brianza) sono in sciopero continuativo per difendere il proprio lavoro. Il padrone della loro ditta ha deciso improvvisamente di chiudere la produzione nella sede storica, quella da cui è iniziata la parabola di una azienda familiare nata nelle campagne brianzole e divenuta multinazionale da 320 milioni di euro di fatturato. L’impresa in dieci anni ha aperto sedi all’estero, ha acquisito concorrenti e con il suo marchio è leader nel campo degli isolanti. Non siamo quindi di fronte ad una situazione di crisi o di difficoltà. Eppure durante le festività natalizie qualcosa di strano è successo. Personale esterno è arrivato e ha smontato parte di una linea di produzione per trasferirla in Polonia. Roncello è un paese molto piccolo e il traffico di camion nel periodo di chiusura non è passato inosservato. Sindacati, regione e governo si sono subito interessati e di fronte alle richieste di chiarimento sono arrivate 187 lettere di licenziamento e la comunicazione della chiusura della produzione. La mobilitazione è stata istantanea e compatta. Dal giorno stesso sino ad oggi i lavoratori sono scesi in sciopero a zero ore e hanno iniziato a presidiare i cancelli per evitare il saccheggio delle preziose attrezzature. Si danno il turno seguendo gli stessi ritmi di quando lavoravano, hanno costruito tende per cucinare e ripararsi dal freddo. Sono sostenuti dall’intero territorio e sono organizzati da sindacalisti capaci. Si sono mobilitati in una gara di solidarietà paesi, sindaci, gente comune, i lavoratori delle fabbriche vicine, le scuole, le parrocchie, i locali di svago e gli artisti della zona. Ognuno secondo le sue possibilità e le sue capacità: c’è chi dà il cambio al presidio, chi si incarica di diffondere le notizie a TV, giornali e web, chi porta pacchi di viveri e medicine e chi raccoglie soldi. Perché dopo due mesi di sciopero totale le buste paga sono vuote e allora si fa la colletta per le famiglie dei lavoratori della KFLEX nelle aziende vicine, durante gli spettacoli e le conferenze organizzate a sostegno o la sera in birreria. Questa lotta ci parla di lavoro negato, di rabbia e di determinazione, ma anche di una grande solidarietà, di bambini e bambine in bicicletta, di infinite partite a pallone, di 31 nazionalità diverse coinvolte, di tè alla menta, di arancini, salamelle, cuscus, preghiere su un tappeto o al parco di Monza di fronte al papa. Il grido di questi lavoratori è tutti insieme fino alla fine, ma chi li circonda continua a ripetersi non lasciamoli soli, non lasciateli soli.

LAVORO SENZA DIGNITA’
Khalid Hmad è arrivato dal Marocco per raccontarci come sono riusciti creare il sindacato nella sede di Bouskoura della STMicreelectronics, la multinazionale italo-francese della microelettronica. In una grigia giornata di novembre in piedi di fronte ai suoi colleghi italiani parla con lentezza di come è vivere in un paese dove ogni diritto è una conquista. Fino al 2010 si lavorava certamente, ma di un lavoro che non offriva dignità e non ti faceva sentire persona. Dopo quella data tutto ha iniziato a cambiare. L’UMT ( il sindacato marocchino) ha preso contatto con una dozzina di persone e ha organizzato con loro delle riunioni segrete nella sua sede di Casablanca per parlare dei problemi dei lavoratori in ST e di come portare avanti le rivendicazioni per porre fine a discriminazioni ed ingiustizie. Riescono in breve a contattare e coinvolgere un gran numero di colleghi sino ad organizzare un’elezione per la nomina di un comitato dei rappresentanti dei lavoratori. A questo punto sono pronti per la loro prima uscita allo scoperto. Organizzano un volantinaggio nelle linee di produzione consapevoli del rischio che corrono. Difatti neanche un’ora dopo l’inizio della distribuzione del materiale i rappresentanti sindacali vengono licenziati e accompagnati fuori dalla azienda dove li attende la polizia per arrestarli. I lavoratori scendono immediatamente in sciopero e bloccano l’attività produttiva in tutta l’azienda. Ci sono le immagini di questo primo sciopero a Bouskoura in Marocco. Si vedono centinaia di lavoratori vestiti di bianco (il colore delle tute nelle linee di produzione dell’elettronica di precisione). Sono di fronte ai fabbricati dove di solito lavorano, sullo sfondo le palme agitate dal vento e nell’aria le voci degli uomini che si danno coraggio e quelle delle donne che cantano. Si dicono di non aver paura e che la loro vittoria arriverà se non oggi, domani. Di fronte ad una mobilitazione così massiccia la dirigenza deve accettare la costituzione di un sindacato e l’inizio delle sue attività. I 12 rappresentanti vengono rilasciati e reintegrati nel posto di lavoro. Da allora molti miglioramenti sono stati ottenuti nella sede marocchina della ST: una maggiore protezione della maternità, la mensa, l’assistenza medica e consistenti aumenti salariali. Tuttavia Khalid conclude dicendo che tutto questo è molto importante ma che la loro più grande vittoria è stata quella di riappropriarsi della loro dignità.

a cura di Isabella Mica


Diritti negati e doveri dimenticati all’ILVA di Taranto.

La parola diritto, indipendentemente dal suo significato dal punto di vista linguistico e giuridico, evoca in ognuno di noi una moltitudine di pensieri legati all’esperienza. Rovistando tra i nostri ricordi non potremo mai dimenticare quando, il 10 dicembre dell’ormai  lontano 2008, abbiamo visto i camion lasciare la nostra azienda agricola, carichi dei nostri animali e dei nostri progetti per il futuro, destinati entrambi al macello  e alla distruzione indiscriminata perchè inquinati.

Dall’inizio di tutto sono trascorsi quasi 9 anni. Nel frattempo è iniziato un processo denominato ‘Ambiente Svenduto’ che stenta a decollare impantanato nelle lungaggini burocratiche e nei “ piccoli “ ed apparentemente fortuiti errori di cancelleria; si sono succeduti ben undici decreti salva-ILVA, compreso il primo ( D.L. 03/12/2012 n. 207 convertito in legge n. 231 del 24/12/2012 ) la cui costituzionalità,  noi, nel nostro piccolo, tentammo di contestare, per mezzo del nostro avvocato, il 9 Aprile del 2003 presenziando all’udienza tenutasi in Corte Costituzionale. La speranza, poi rivelatasi infondata, era quella di rivendicare il diritto alla salute come cittadini in contrasto con chi da quel momento in poi ha di fatto sciorinato una serie di imposizioni tese a vanificare l’operato della magistratura. Da sempre, nel corso di tutti questi anni, ogni qual volta si è tentato di affrontare la ‘ questione ILVA’ tutto si bloccava nel momento in cui con grande ipocrita maestria si arrivava a contrapporre il diritto alla salute al diritto al lavoro (nel nostro caso peraltro, da allora, entrambi negati visto che l’ILVA continua a ‘ fumare’ allegramente ma noi non possiamo pù svolgere alcuna attività vigendo il divieto di pascolo nel raggio di 20 Km intorno allo stesso polo industriale).

E’ più importante il diritto alla salute o il diritto al lavoro? A questo è stato “ridotto” il problema a Taranto. Un conflitto fra diritti, almeno questo fa comodo pensare. Quale diritto negare? Ormai abitualmente tutto viene ridotto ad una guerra da vincere o da perdere. E’ più importante il lavoro del contadino, quello dell’operiaio oppure quello del pescatore? Va difeso il lavoro dell’allevatore di cozze o quello del metalmeccanico? Bisogna preservare sempre e comunque il diritto al lavoro dell’uomo o preservare anche l’ambiente in cui esso vive? E’ più importante la salute, dentro e fuori la fabbrica, o il lavoro a qualsiasi costo?  Una tensione questa che non è facile da gestire: possiamo scegliere di non vederne le contraddizioni, abbandonandoci alla schizofrenia e all’ipocrisia diffusa, oppure, vivendo tutto il peso di questa tensione possiamo cercare di impegnarci per rispondere ai bisogni del mondo che ci circonda?

Vivendo questa emblematica situazione ci siamo trovati più di una volta a riflettere sulla parola  dovere, certamente troppo “scontata” e scomoda, ma si tratta inevitabilmente dell’altra faccia della medaglia che permetterebbe di affrontare la situazione in maniera diversa: quali sono i doveri dell’uomo? Mentre si parlava della gerarchia dei diritti nel corso dell’udienza sopra descritta, ci sono balzati alla mente volti e nomi di coloro che se avessero adempiuto al dovere di amministrare, tutelare, controllare, proporre, costruire, informare, lavorare, forse le cose sarebbero andate diversamente.

Nell’arco di 10 anni la situazione a Taranto non è cambiata. Dopo quello che fu uno dei primi, si sono susseguiti altri 9 decreti salva ILVA atti a coprire l’inefficienza e l’inefficacia di una politica miope e autoreferenziale, ancora una volta per sfruttare la situazione fino alla fine senza costruire alternative degne di questo nome. Tutto ciò ha condotto decine di cittadini dal 2013 in poi a rivolgersi alla Corte di Strasburgo per denunciare la violazione della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Pensiamo, però, spesso, anche al dovere di chi avrebbe potuto informarsi e appoggiare la costruzione di alternative senza svendere il proprio voto; con ciò ci riferiamo a tutti noi quando ci sentiamo vittime e con la coscienza a posto solo perché l’abbiamo  conservata come un bel vestito senza mai usarla. Poi, la memoria si rivolge alle vittime, quelle vere: ai bambini e alle bambine morti di tumore, ai genitori che li hanno accompagnati nel loro calvario e che li hanno pianti, ai ragazzi e alle ragazze che convivono con malattie imputabili ad un’ambiente malsano, a coloro che per lo stesso motivo hanno perso i genitori. Non possiamo fare a meno di pensare a tutti gli animali abbattuti e smaltiti come rifuti tossici e all’ambiente che ci è stato donato e del quale inconsapevolmente siamo parte integrante.

In questo momento storico forse stiamo voltando le spalle ai nostri doveri per cui anziché pensare solo al diritto di mantenere i nostri privilegi dovremmo pensare anche al dovere di rispondere adeguatamente a chi, in situazioni di bisogno bussa alle nostre porte; anziché sfruttare tutte le risorse disponbili dovremmo sentirci in dovere di preservare questo mondo da condividere con le generazioni future e le altre creature; anziché pensare al diritto di avere figli con l’uso di tutti i mezzi esistenti forse dovremmo pensare al diritto dei bambini ad avere dei genitori e al nostro dovere di sentirci tali per tutti quelli ai quali questo diritto è stato negato. Forse dovremmo imparare ad adempiere i nostri doveri  affrontando le conseguenze delle nostre scelte nel rispetto delle libertà individuali senza  alimentare quell’individualismo esasperante che ormai ci caratterizza.

a cura di Maria Fornaro


Proposta Liturgica

Durante l’incontro si consiglia di alternare a piacere i canti, le letture e le testimonianze offerte, intervallandole con preghiere spontanee.

Lettura:

10 I giorni dei nostri anni arrivano a settant’anni; o, per i più forti, a ottant’anni; e quel che ne fa l’orgoglio, non è che travaglio e vanità; perché passa presto, e noi ce ne voliam via.

11 Chi conosce la forza della tua ira e il tuo sdegno con il timore che t’è dovuto?

12 Insegnaci dunque a contar bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio.

13 Ritorna, SIGNORE; fino a quando? Muoviti a pietà dei tuoi servi.

14 Saziaci al mattino della tua grazia, e noi esulteremo, gioiremo tutti i nostri giorni.

15 Rallegraci in proporzione dei giorni che ci hai afflitti e degli anni che abbiamo sofferto tribolazione.

16 Si manifesti la tua opera ai tuoi servi e la tua gloria ai loro figli.

Salmo  90:10-16

Invocazione: Dio liberatore: Padre amorevole, Figlio giusto, Spirito Santo  rendi i nostri cuori sensibili alla tua voce e conduci il tempo che ti consacriamo.

Inno

Lettura di una o più testimonianze scritte da Isabella Mica

Lettura: 13 Lavora sei giorni, e fa’tutto il tuo lavoro, 14 ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al SIGNORE Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bue, né il tuo asino, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città, affinché il tuo servo e la tua serva si riposino come te. 15 Ricòrdati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha fatto uscire di là con mano potente e con braccio steso; perciò il SIGNORE, il tuo Dio, ti ordina di osservare il giorno del riposo. Deuteronomio 5:13-15

Inno

Preghiera: Per amore del profitto  abbiamo abbassato la guardia e siamo divenuti complici di innumerevoli sacrifici umani.  Tu che per tutti noi hai sofferto, converti il nostro cuore alla fraternità. Tu conosci la fatica del lavoro, aiutaci a ritrovare la solidarietà dimenticata e a raddrizzare le vie tortuose. Tu, carpentiere morto inchiodato a un legno, perdonaci.  Donaci gli strumenti, le parole e i gesti per contrastare l’ingiustizia col tuo Evangelo. Tu, padrone della vigna, rendi i datori di lavoro timorati di te e  giusti; sostienili  nelle loro imprese. Aiuta ogni persona a trovare un lavoro dignitoso e a svolgerlo con passione, in modo da onorarti, rispondendo alla tua santa vocazione. Grazie Signore perché il lavoro, come il perdono, presso di te non mancano mai.

Tutti: Concedici di affaticarci nella tua vigna ed entrare nel tuo riposo.

Inno

Lettura della testimonianza di Maria Fornaro

Lettura biblica: 6 Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il SIGNORE ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. 7 Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l’agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca. 8 Dopo l’arresto e la condanna fu tolto di mezzo; e tra quelli della sua generazione chi rifletté che egli era strappato dalla terra dei viventi e colpito a causa dei peccati del mio popolo? Isaia 53:6-8

Inno 

Animazione: Disporre sul tavolo della Santa Cena il cestino del pane con  delle viti e dei bulloni e un calice pieno di benzina (con vicino una tanica).

Far passare tra le panche tali elementi a mo’ di Santa Cena chiedendo se qualcuno ne vuole.

Preghiere spontanee:

Lettura: per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: 2 un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato;3 un tempo per uccidere e un tempo per guarire; un tempo per demolire e un tempo per costruire;  4 un tempo per piangere e un tempo per ridere; un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare; 5 un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle; un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci; 6 un tempo per cercare e un tempo per perdere; un tempo per conservare e un tempo per buttar via; 7 un tempo per strappare e un tempo per cucire; un tempo per tacere e un tempo per parlare; 8 un tempo per amare e un tempo per odiare; un tempo per la guerra e un tempo per la pace. 9 Che profitto trae dalla sua fatica colui che lavora? 10 Io ho visto le occupazioni che Dio dà agli uomini perché vi si affatichino. 11 Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità, sebbene l’uomo non possa comprendere dal principio alla fine l’opera che Dio ha fatta. 12 Io ho riconosciuto che non c’è nulla di meglio per loro del rallegrarsi e del procurarsi del benessere durante la loro vita, 13 ma che se uno mangia, beve e gode del benessere in mezzo a tutto il suo lavoro, è un dono di Dio. 14 Io ho riconosciuto che tutto quel che Dio fa è per sempre; niente c’è da aggiungervi, niente da togliervi; e che Dio fa così perché gli uomini lo temano. 15 Ciò che è, è già stato prima, e ciò che sarà è già stato, e Dio riconduce ciò ch’è passato.

Ecclesiaste 3:1-15

Preghiera, ogni persona può pronunciarne una frase:

Dio del Cielo e della Terra, poni un limite all’avidità delle tue creature. Insegnaci a non pensare solo al nostro benessere o alla nostra sola “salvezza”. Dio del Patto e di Alleanza, rendi il vincolo che ci lega a ogni essere umano  più forte di ogni altra distinzione.  Aiutaci a restare uniti nel tuo amore e a non contrapporre il diritto dell’uno a danno dell’altro. Riconcilia Marta e Maria, affinché si uniscano in una medesima fatica ed entrino in uno stesso riposo;  ristabilendo le giuste priorità, lasciando a ogni giorno il proprio affanno e riscoprendo l’affetto che le unisce. 

Caro Dio, aiutaci a non fare la cosa giusta nel momento sbagliato, ma rendici capaci di discernere i tuoi tempi. Plasma la nostra coscienza e donaci  la forza per rifiutarci di stilare o sottoscrivere ogni contratto che arrechi danno a un’altra persona. Metti la tua legge nel nostro cuore e Insegnaci a scrivere, onorare e difendere con la nostra mano leggi che tutelino i diritti di tutti/e.

Gesto simbolico: Sostituire gli elementi del petrolio e dell’acciaio col Pane ed il vino, ponendo al loro fianco grano e uva. Si trovino degli anziani, dei contadini e persone appartenenti a ceti sociali diversi per offrirli alla Comunità.

Inno e Benedizione

17 La grazia del Signore nostro Dio sia sopra di noi, e rendi stabile l’opera delle nostre mani; sì, l’opera delle nostre mani rendila stabile.

Salmo 90:17-1

a cura di Ivano De Gasperis

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