Venga il tuo regno, Signore, venga il tuo regno… quante volte da obbedienti cristiani, abbiamo innalzato a Dio questa preghiera, “dandogli il permesso” di fare intervenire il suo regno in mezzo a noi e “consentendogli” di compiere la sua volontà in terra, visto che in cielo non gli possiamo impedire di farlo! A volte mi sembra che questa preghiera sia così semplice, che quasi non mi accorgo della sua incisività. Ma più che chiedere a Dio che il suo regno venga, forse dovremmo chiedergli di farci rendere conto della vicinanza di questo regno. Sì, perché se pensassimo davvero a tutte le volte in cui Gesù ha parlato della vicinanza del regno di Dio, rischieremmo di perderci: “Il Regno dei cieli è in mezzo a voi”, il Regno dei cieli è dentro di voi, Il Regno di Dio è vicino.
Tutto parte dal concetto che ci siamo creati di regno di Dio. Perché se il regno di Dio è, come ci dice Gesù, vicino a noi, dentro di noi, in mezzo a noi, allora dovremmo essere abbastanza bravi da riconoscerlo. E non dovrebbe essere poi così tanto difficile, visto che il Suo regno è proprio l’esatto contrario di quel regno che ci affanniamo, quotidianamente, a costruirci, un regno che si scontra con la mentalità di questo mondo e che, per questo, facciamo fatica ad accettare. È il regno dei poveri di spirito che, a detta di Gesù, possiedono già il regno di Dio. Questo regno che noi invochiamo con la preghiera del Padre nostro e che però, cerchiamo di allontanare ogni qualvolta ne intravediamo le sembianze da lontano. Il regno dei diseredati, degli emarginati, di coloro che soffrono a causa dell’ingiustizia, ingiustizia che, però, diventa giusta se a perpetrarla siamo noi o chi per noi; il regno che usa la spada della Parola e che si adopera per ricercare la pace, in un mondo che usa la guerra per farsi ragione e che impone la fame per raggiungere il benessere economico di pochi. Il regno di un Cristo nomade che per scampare al pericolo di un vile sovrano, viene portato via dal suo paese ancora in fasce, che invitiamo a venire in un mondo che, però, non riesce ad accogliere nemmeno quarantasette migranti che scampano dalla persecuzione e dalle violenze. E allora mi chiedo se davvero io questo regno di Dio lo voglio, perché che ne sarebbe di me se Dio, volendomi esaudire, mettesse in pratica ogni parola di questa preghiera? È proprio così essenziale, in realtà, che io invochi l’avvento di questo regno? Sì, perché se scaviamo poco sotto la polvere della consuetudine e della massificazione, ci accorgiamo di quanto sia necessario chiedere a Dio di fare intervenire il suo Regno, qui ed ora, perché in questa richiesta c’è tutta l’espressione della fede, dell’affidamento fiducioso di chi riconosce la propria inadeguatezza e confida in Colui che tutto può; là, dove il Figlio ripone ogni cosa nelle braccia del Padre, e dove l’umanità intera viene invitata a riporre il proprio tutto in Dio, io ci vedo la rinascita di un’umanità creata proprio ad immagine di questo Dio. E questo essere stato creato ad immagine sua mi interroga, e mi invita – e sfida – a chiedere di più: sia fatta la tua volontà, non la mia. Lo chiederò a denti stretti, a volte di controvoglia, ma con la stessa sicurezza che ha un bambino che sa di doversi fidare di chi lo tiene per mano. Sia fatta la tua volontà anche quando questa volontà si scontrerà con la mia voglia di uniformarmi all’altrui volontà, alla volontà dell’opportunismo, alla volontà comoda, alla volontà del branco. Sia fatta in terra com’è fatta in cielo, perché le cose fatte in quel regno sono espressione della perfezione di Dio e noi, che abbiamo dentro il pensiero dell’eternità, in fondo, lo sappiamo bene.
Sia fatta la volontà del tuo regno che, sebbene non sia di questo mondo (lo hai detto Tu un giorno a Pilato) è per questo mondo, nonostante il mondo non sia disposto ad accettarlo (anche questo hai detto Tu!). Falla qui la tua volontà, in questo mondo, falla Tu, visto che noi pensiamo che per farla bene, bisognerebbe fare le cose dell’altro mondo. Eppure Tu ci insegni che non è mica così difficile fare la tua volontà, ma spesso ci sembra più facile arrivare sulla luna a piedi anziché andare a trovare una persona che sta male; a volte ci sembra più facile toccare il cielo con un dito, anziché porgere una mano a chi ci è caduto davanti.
Ed allora in un attimo di lucidità io voglio chiederti che questo tuo regno venga davvero, e venga a sradicare le consuetudini alla quale ci siamo auto educati, venga a mettere a soqquadro le nostre menti per mettere in luce il nostro bisogno di Te. Avvenga la tua volontà in noi, ed avvenga presto, ed avvenga qui.
Luca Reina