di Fabrizio Oppo

“Il popolo nelle chiese calviniste si dà una maturità politica e una coscienza civile, nelle chiese ministri di culto, possidenti e borghesi siedono insieme e imparano a discutere ordinatamente anziché scannarsi a vicenda: la necessità di capire il Libro desta nel rozzo montanaro una sete ignota di istruirsi e di leggere: il popolo turbolento delle tribù comincia ad avvezzarsi all’autogoverno.”

Giorgio Spini

In questo bellissimo testo tratto dalla Storia dell’età moderna (Utet, 1960) lo storico Giorgio Spini rivela il valore del diritto all’istruzione guardando alla sua nascita nella storia dell’occidente moderno. Si sta parlando della prassi delle assemblee di chiesa e degli studi della Bibbia che si organizzavano nella chiesa calvinista scozzese nel Cinquecento.

Che cosa accade? Accade che si trovano insieme nobili e borghesi, possidenti e montanari. Si instaura una forma di dialogo che presuppone il riconoscimento della dignità morale di tutti i partecipanti, indipendentemente dalla loro posizione sociale. Chi legge la Bibbia è la persona umana, prima di essere possidente o rozzo montanaro.

Primo passo, quindi: riconoscimento reciproco della dignità umana.

Secondo passo: il rozzo montanaro sente (si potrebbe dire con la mente e con il cuore) la necessità di capire il Libro, e da questo sentimento nasce la sete ignota di istruirsi e di leggere. Questa sete è la consapevolezza che la conoscenza e l’istruzione sono fondamentali per capire se stessi, per rivendicare la propria dignità e per richiedere poi il riconoscimento formale e pubblico, nel diritto, di questo valore.

I diritti umani nascono in questo modo, da una “sete ignota”, da un bisogno e da un desiderio. Non è sufficiente l’intervento intellettuale dell’esperto in teorie giuridiche che scriva e formalizzi il diritto, è necessario un cambiamento personale e collettivo della sensibilità. Una nuova percezione morale di sé. Qualcosa che si genera nella storia, nell’esperienza e nella percezione del mondo. Il diritto nasce da una richiesta, da un bisogno e da una necessità.

Negli eventi storici ricordati da Giorgio Spini è la lettura partecipata e sincera del testo religioso ciò che porta alla scoperta della autonoma consapevolezza di ogni individuo, del proprio valore e della propria dignità. La libertà di coscienza nasce dall’analisi della propria interiorità a confronto con la Parola e richiede la “necessità di capire”, di allargare la propria conoscenza.

Quando questo bisogno di conoscere diventa un bisogno morale, il profondo sentimento diventa richiesta e lotta per essere riconosciuto. 

I diritti non sono una concessione dei governi, nascono dalla percezione e dalla sensibilità morale collettiva. Sono una richiesta impellente che nasce dagli individui e dalla società.

I diritti nascono da un sentimento di benevolenza che infiamma gli animi nobili e sensibili. “Un entusiasmo nobile che è tormentato dai dolori degli altri e dal bisogno di alleviarli; vorrebbe viaggiare nell’universo per abolire la schiavitù, la superstizione, il vizio e la sfortuna” (Diderot, Encyclopédie, voce Humanité, 1765, citato da Vincenzo Ferrone, Storia dei diritti dell’Uomo, Laterza, 2019).

Anche il diritto all’istruzione ha la sua genesi nel sentimento e nel desiderio di superare le incompletezze della immediata percezione del mondo verso il raggiungimento di una compiutezza umana. 

L’art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948) è la sanzione formale di un processo storico fatto di sentimenti, di richieste e di bisogni di riconoscimento che provengono da molto lontano nella nostra storia: 

“Ogni individuo ha diritto all’istruzione… L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace”.

È chiaro che se un diritto nasce originariamente dall’esperienza di un bisogno e da un sentimento di mancanza, il potere politico non può crearlo attraverso una decisione originaria ma può invece riconoscerlo come già presente, e ineludibile, nel senso morale della collettività: Costituzione italiana, art. 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. (Qui non si fa riferimento al cittadino, ma a qualunque individuo, sia esso cittadino o straniero o apolide o clandestino).

Tutto questo non fa che confermare la premessa storica, morale e profondamente concreta da cui i diritti umani provengono.