testimonianza
Sabato 2 ottobre 2010 la Federazione delle chiese pentecostali (FCP) e l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI), in col- laborazione con Essere chiesa insieme (ECI- Fcei), hanno promosso una giornata di incontro e preghiera sui temi dell’accoglienza e dell’integrazio- ne, intitolata “Dio di questa città”, a cui hanno preso parte oltre 150 persone. Tra i relatori Paolo Naso, politologo e coordinatore di ECI. Di seguito riportiamo alcuni passaggi del suo intervento.
Gli uomini e le donne provenienti da altri paesi che arrivano oggi in Italia portano con sé anche la loro fede. Una fede praticamente vissuta nelle moschee come nelle chiese, nei tempi sikh così come negli ashram induisti. L’Italia, insomma, si scopre un paese sempre più multiculturale e multi- religioso. Il paradosso è che questa realtà è sempre più visibile ma gran parte degli italiani la osserva attraverso un muro di vetro: la nota, talvolta ne ha paura, altre ne subisce il fascino ma ne resta separa- to e distante.
Le chiese africane che noi oggi incontriamo a Castel Volturno sono dei luoghi preziosi. Sono delle perle rare che chi ha a cuore il futuro del nostro Paese dovrebbe valorizzare come luoghi di incontro, integrazione, socializzazione.
In questo senso, le decine di chiese pentecostali sulla via Domiziana non sono soltanto centri di culto ma anche luoghi di coesione sociale; di costruzione della propria identità migrante; luoghi di sicurezza e di fiducia in una condizione di spaesamento.
Gli italiani, immersi in una spirale di secolarizzazione o di religiosità abitudinaria e ambientale, faticano a capire come tra i primissimi bisogni degli immigrati non ci sia soltanto la casa, la macchina ma anche la chiesa o la moschea.
Questi luoghi, però, possono essere chiusi o aperti. Se sono luoghi chiusi diventano dei ghetti che frenano l’integrazione. E quando la chiesa o la moschea diventa un ghetto chiuso e autoreferenziale scarica problemi enormi alle seconde e terze generazioni.
Le chiese sono luoghi preziosi, dunque, ma devono essere aperti. Facciamo in modo tale che ci sia uno scambio, che queste chiese nere diventino un po’ meno nere e un po’ meno africane in modo tale che la società italiana possa essere meno bianca e meno italiana. Dobbiamo muoverci in questa dire- zione perché è assolutamente evidente che Castel Volturno non è un’eccezione, non è un «caso» ecce- zionale. Castel Volturno è una tendenza, in un certo